GLOSSARIO GRECIA ANTICA
Cantore di mestiere dell'antica Grecia che esponeva carmi epici, spesso composti da lui stesso, accompagnandosi con la cetra. Viveva per lo più nelle corti dei signori, come Femio e Demodoco, che appaiono nell'Odissea di Omero.
Verso poetico inventato da Anacreonte.
Verso poetico
Canto corale della lirica greca.
Composto e cantato, con accompagnamento di danze, in onore di Dioniso, celebrava le sue avventure, tristi o liete. Sviluppatosi in forma dialogica, tra i secoli VI e V a. C., è messo in relazione con la nascita della tragedia greca.
Fondatore di una colonia
L'epicedio era un canto funebre dei Greci antichi.
Nato dalle forme popolari del compianto, si sviluppò in forme letterarie e venne praticato soprattutto in età alessandrina e romana, quando assunse forma elegiaca o epigrammatica. Se ne trovano molti nell' Anthologia Palatina, e, tra i Romani, in Catullo.
[da epyllion, dim. di épos, epopea]
Componimento poetico in esametri che nella letteratura alessandrina prende il posto del grande poema epico, del quale conserva il metro (l'esametro) ma da cui si differenzia per la brevità , la grazia dell'argomento, la finezza d'ogni particolare e l'eleganza dell'insieme. L'epillio fu codificato da Callimaco di Cirene con il poemetto Ecale, al quale si ispirarono anche Teocrito e Mosco.
[da epinàkion (mélos), (canto) sulla vittoria].
Componimento della poesia corale greca con cui si celebravano i vincitori dei giochi. Gli epinici, destinati a esser cantati dopo la vittoria o la sera durante il banchetto o al ritorno a casa del vincitore, erano composti di triadi di strofe, antistrofe ed epodo. Celebri compositori di epinici furono Pindaro e Bacchilide.
[da epithalà¡mios, nuziale].
Carme nuziale dell'antica Grecia, cantato presso la camera degli sposi la sera delle nozze o il mattino successivo. Si distingueva dall'imeneo che invece veniva cantato mentre si conduceva la sposa alla casa dello sposo. Famosi in età classica gli epitalami di Saffo di Lesbo che hanno già carattere letterario; altri se ne conoscono di età alessandrina (di Callimaco, Eratostene, Partenio, Teocrito) e, tra i Romani, di Catullo; tornarono in favore nella tarda latinità con Ausonio, Claudiano e altri.
[da epodà³s, canto aggiuntivo].
1) Sistema metrico distico della poesia classica formato da un trimetro e da un dimetro giambici. Della strofa distica è ritenuto inventore Archiloco di Paro (sec. VII a. C.) le cui orme, fra i latini, furono seguite soprattutto da Orazio.
È reso normalmente nella poesia italiana con un endecasillabo e con un settenario sdruccioli.
2) Nella poesia corale greca l'epòdo è la terza e ultima parte di un sistema strofico tripartito di cui la prima e la seconda parte sono costituite dalla strofe e dall'antistrofe.
Componimento lirico, caratteristico dell'antica poesia corale greca, che veniva cantato mentre si conduceva la sposa alla casa dello sposo. Deriva il nome dal grido d'invocazione al dio Imeneo.
Canto corale greco accompagnato dalla danza.
Sorse come canto guerresco in onore di Apollo a Creta, inventato, sembra, da Taleta di Gortina.
Il suo metro fu il cretico; i principali autori furono Pindaro, che ne compose uno in onore di Gerone di Siracusa, Simonide di Ceo e Bacchilide.
[da logogrà¡phos, scrittore di prosa].
Scrittore di là³goi, prosatore. Dapprima furono detti logografi i cronisti delle città greche, gli espositori di genealogie, di cronologie, di miti, precursori dei veri storici del secolo V a. C. (Erodoto e Tucidide).
Più tardi (fine secolo V e IV a. C.) furono detti logografi anche gli autori di orazioni giudiziarie, che poi i committenti recitavano in tribunale.
[da melike (pà³eisis), (poesia) lirica].
Nell'antica Grecia, poesia per musica, solistica o corale, per voce sola o accompagnata da strumenti (v. la lirica).
(da mimàambos, da mà®mos, mimo+ àambos, giambo].
Tipo di mimo in giambi scazonti destinato alla lettura più che alla rappresentazione scenica. Scrisse mimiambi. il poeta greco Eroda (sec. III a. C.), che ritrasse scene di vita borghese, spesso di carattere salace.
Breve componimento letterario destinato, specie in fase ellenistica, a essere recitato (da mà®mos, imitatore)
Proprio della monodìa.
Antica poesia lirica greca con canto a una voce, contrapposta a quella corale. Tali furono le poesie di Alceo di Mitilene, Saffo di Lesbo e Anacreonte.
Componimento poetico di metro e di contenuto vario, che veniva in origine cantato con accompagnamento musicale. Nell'antichità greca scrissero odi i grandi lirici dei secoli VII e VI a. C.: Saffo di Lesbo, che vi espresse la sua passione amorosa, Alceo di Mitilene, che vi rispecchiò il suo impegno politico e sociale, Alcmane, che vi manifestò la sua squisita sensibilità , poi Anacreonte, Pindaro, Bacchilide.
Sport
Nell'antica lirica corale greca, carme in onore di una divinità cantato da un coro di vergini.
Nell'antica lirica corale greca, inno in onore di Apollo, considerato come dio guaritore (Paià¡n), intonato in origine per allontanare malattie e calamità . Era eseguito da un coro maschile con accompagnamento della lira o del flauto; il metro era vario (anapesto, giambo, ionico). Fu in seguito essenzialmente inno guerresco e di vittoria. Dedicato più tardi anche ad altre divinità e a personaggi illustri, divenne semplice canto propiziatorio e di ringraziamento.
Parte di poema epico o sequenza di brani epico-eroici recitati e cantillati da cantori vaganti (rapsodi).
[da skà³lion (mélos), propriamente (canto) obliquo, storto].
(1) Forma della lirica corale greca, fiorita fra l'aristocrazia ateniese dei secoli VI-V a. C.: erano odi cantate con la lira a tavola durante il simposio. Il nome (=storto) indica il modo irregolare in cui i banchettanti si succedevano nel canto.
(2) (da schole, scuola). Commento, annotazione che gli antichi grammatici scrivevano per lo più ai margini di uno scritto, per cercare di chiarirlo e correttamente interpretarlo.
Componimento in versi di carattere satirico, la cui invenzione è attribuita a Timone di Fliunte (secolo IV-III a. C.). Fu usato nelle diatribe filosofiche per schernire gli avversari o per ridicolizzare il costume contemporaneo.
Lamento funebre, componimento lirico corale.
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editus ab
Aedo
Cantore di mestiere dell'antica Grecia che esponeva carmi epici, spesso composti da lui stesso, accompagnandosi con la cetra. Viveva per lo più nelle corti dei signori, come Femio e Demodoco, che appaiono nell'Odissea di Omero.
Anacreonteo
Verso poetico inventato da Anacreonte.
Anapestico
Verso poetico
Ditirambo
Canto corale della lirica greca.
Composto e cantato, con accompagnamento di danze, in onore di Dioniso, celebrava le sue avventure, tristi o liete. Sviluppatosi in forma dialogica, tra i secoli VI e V a. C., è messo in relazione con la nascita della tragedia greca.
Ecista
Fondatore di una colonia
Epicèdio
L'epicedio era un canto funebre dei Greci antichi.
Nato dalle forme popolari del compianto, si sviluppò in forme letterarie e venne praticato soprattutto in età alessandrina e romana, quando assunse forma elegiaca o epigrammatica. Se ne trovano molti nell' Anthologia Palatina, e, tra i Romani, in Catullo.
Epillio
[da epyllion, dim. di épos, epopea]
Componimento poetico in esametri che nella letteratura alessandrina prende il posto del grande poema epico, del quale conserva il metro (l'esametro) ma da cui si differenzia per la brevità , la grazia dell'argomento, la finezza d'ogni particolare e l'eleganza dell'insieme. L'epillio fu codificato da Callimaco di Cirene con il poemetto Ecale, al quale si ispirarono anche Teocrito e Mosco.
Epinìcio
[da epinàkion (mélos), (canto) sulla vittoria].
Componimento della poesia corale greca con cui si celebravano i vincitori dei giochi. Gli epinici, destinati a esser cantati dopo la vittoria o la sera durante il banchetto o al ritorno a casa del vincitore, erano composti di triadi di strofe, antistrofe ed epodo. Celebri compositori di epinici furono Pindaro e Bacchilide.
Epitalà mio
[da epithalà¡mios, nuziale].
Carme nuziale dell'antica Grecia, cantato presso la camera degli sposi la sera delle nozze o il mattino successivo. Si distingueva dall'imeneo che invece veniva cantato mentre si conduceva la sposa alla casa dello sposo. Famosi in età classica gli epitalami di Saffo di Lesbo che hanno già carattere letterario; altri se ne conoscono di età alessandrina (di Callimaco, Eratostene, Partenio, Teocrito) e, tra i Romani, di Catullo; tornarono in favore nella tarda latinità con Ausonio, Claudiano e altri.
Epòdo
[da epodà³s, canto aggiuntivo].
1) Sistema metrico distico della poesia classica formato da un trimetro e da un dimetro giambici. Della strofa distica è ritenuto inventore Archiloco di Paro (sec. VII a. C.) le cui orme, fra i latini, furono seguite soprattutto da Orazio.
È reso normalmente nella poesia italiana con un endecasillabo e con un settenario sdruccioli.
2) Nella poesia corale greca l'epòdo è la terza e ultima parte di un sistema strofico tripartito di cui la prima e la seconda parte sono costituite dalla strofe e dall'antistrofe.
Imeneo
Componimento lirico, caratteristico dell'antica poesia corale greca, che veniva cantato mentre si conduceva la sposa alla casa dello sposo. Deriva il nome dal grido d'invocazione al dio Imeneo.
Ipòrchema o iporchèma
Canto corale greco accompagnato dalla danza.
Sorse come canto guerresco in onore di Apollo a Creta, inventato, sembra, da Taleta di Gortina.
Il suo metro fu il cretico; i principali autori furono Pindaro, che ne compose uno in onore di Gerone di Siracusa, Simonide di Ceo e Bacchilide.
Logògrafo
[da logogrà¡phos, scrittore di prosa].
Scrittore di là³goi, prosatore. Dapprima furono detti logografi i cronisti delle città greche, gli espositori di genealogie, di cronologie, di miti, precursori dei veri storici del secolo V a. C. (Erodoto e Tucidide).
Più tardi (fine secolo V e IV a. C.) furono detti logografi anche gli autori di orazioni giudiziarie, che poi i committenti recitavano in tribunale.
Mèlica
[da melike (pà³eisis), (poesia) lirica].
Nell'antica Grecia, poesia per musica, solistica o corale, per voce sola o accompagnata da strumenti (v. la lirica).
Mimiambo
(da mimàambos, da mà®mos, mimo+ àambos, giambo].
Tipo di mimo in giambi scazonti destinato alla lettura più che alla rappresentazione scenica. Scrisse mimiambi. il poeta greco Eroda (sec. III a. C.), che ritrasse scene di vita borghese, spesso di carattere salace.
Mimo
Breve componimento letterario destinato, specie in fase ellenistica, a essere recitato (da mà®mos, imitatore)
Monòdico
Proprio della monodìa.
Poesia monodica
Antica poesia lirica greca con canto a una voce, contrapposta a quella corale. Tali furono le poesie di Alceo di Mitilene, Saffo di Lesbo e Anacreonte.
Ode
Componimento poetico di metro e di contenuto vario, che veniva in origine cantato con accompagnamento musicale. Nell'antichità greca scrissero odi i grandi lirici dei secoli VII e VI a. C.: Saffo di Lesbo, che vi espresse la sua passione amorosa, Alceo di Mitilene, che vi rispecchiò il suo impegno politico e sociale, Alcmane, che vi manifestò la sua squisita sensibilità , poi Anacreonte, Pindaro, Bacchilide.
Pancrazio
Sport
Partènio
Nell'antica lirica corale greca, carme in onore di una divinità cantato da un coro di vergini.
Peana
Nell'antica lirica corale greca, inno in onore di Apollo, considerato come dio guaritore (Paià¡n), intonato in origine per allontanare malattie e calamità . Era eseguito da un coro maschile con accompagnamento della lira o del flauto; il metro era vario (anapesto, giambo, ionico). Fu in seguito essenzialmente inno guerresco e di vittoria. Dedicato più tardi anche ad altre divinità e a personaggi illustri, divenne semplice canto propiziatorio e di ringraziamento.
Rapsodìa
Parte di poema epico o sequenza di brani epico-eroici recitati e cantillati da cantori vaganti (rapsodi).
Scòlio
[da skà³lion (mélos), propriamente (canto) obliquo, storto].
(1) Forma della lirica corale greca, fiorita fra l'aristocrazia ateniese dei secoli VI-V a. C.: erano odi cantate con la lira a tavola durante il simposio. Il nome (=storto) indica il modo irregolare in cui i banchettanti si succedevano nel canto.
(2) (da schole, scuola). Commento, annotazione che gli antichi grammatici scrivevano per lo più ai margini di uno scritto, per cercare di chiarirlo e correttamente interpretarlo.
Sillo
Componimento in versi di carattere satirico, la cui invenzione è attribuita a Timone di Fliunte (secolo IV-III a. C.). Fu usato nelle diatribe filosofiche per schernire gli avversari o per ridicolizzare il costume contemporaneo.
Treno
Lamento funebre, componimento lirico corale.
Torna a divinita' e natura oppure vai a mostri
editus ab